Annalisa Scarrone Monografia

Ultima modifica: 08 Marzo 2014

Crazy Diamond Music

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Ho scritto monografie musicali su band nobilissime quali Blur e Radiohead, navigate ormai da decenni. Allora da dove nasce il desiderio di analizzare in modo ugualmente minuzioso la carriera, ancora sul nascere, di una giovane donna di 27 anni che ha raggiunto il successo grazie ad un talent show discutibile come “Amici”?

Anzitutto quando si parla di arte bisogna essere lungimiranti perché non sempre il talento è immediatamente visibile e non sempre risplende fulgidamente sin dagli inizi. Annalisa Scarrone, classe 1985, aveva qualcosa in più già quando partecipò alla decima edizione di “Amici” nel 2010, classificandosi infine seconda. Una voce particolare, pulitissima, limpida, dal sapore retrò. Incredibile come le cose più semplici finiscano sempre per dimostrarsi le migliori.
Ma inquadriamo più largamente la situazione: il 2010 è stato l’anno in cui si è affermata, all’interno del medesimo programma ma nell’edizione precedente, Emma Marrone. Voce rauca, forte, grezza, priva di qualsivoglia raffinatezza, che sfocia spesso e volentieri in urla, il tutto subordinato ad una personalità aggressiva e populista, ad un look da rockeuse e ad una storia personale che ha subito fatto breccia nel cuore del pubblico del programma, e non solo. La Marrone detterà il trend musicale italiano per svariati mesi; basti pensare alla partecipazione di Dolcenera a Sanremo 2012 in cui sembrava di vedere e ascoltare una Emma coi capelli neri e più intonata. Quell’edizione venne vinta, tra l’altro, dalla stessa Marrone. Per non parlare, poi, di tutte quelle voci “grosse” e di quelle teste rasate a metà che abbiamo visto e ascoltato nei provini di vari talent show mentre si davano da fare nel cavalcare l’onda del marronismo.
In questo contesto risulta dunque difficile pensare che ci sia posto per una ragazza dalla voce cristallina, che si ritrova in uno stile vintage, che a Gianna Nannini preferisce Bjork e che non ama la sguaiatezza. Non è un caso, infatti, che nel corso del programma la sobrietà e la riservatezza che caratterizzano Annalisa siano state scambiate per freddezza, persino da tuttologi musicali chiamati a dare il loro prezioso parere. Il suo talento viene però riconosciuto da più parti e, pur non vincendo l’edizione del programma (la vittoria verrà portata a casa da Virginio Simoncelli, poi caduto nel dimenticatoio), per la Scarrone si profila una carriera luminosa. Sono tanti, infatti, i fans che la seguono e la sostengono, ancor più quando il 4 marzo 2011 viene pubblicato il suo album d’esordio, “Nali”. Una bella soddisfazione che va a coronare il percorso all’interno di “Amici” e a lanciarla finalmente tra il grande pubblico, dopo una gavetta fatta di blues, teatro e anche rock, come leader e compositrice del gruppo savonese leNoire, su cui spenderò qualche parole più in là.
Il singolo di lancio, “Diamante Lei e Luce Lui”, verrà passato in rotazione in tutte le radio, condiviso quotidianamente sui social network e cantato a gran voce dalle ragazzine di tutta Italia. Eppure sarebbe stato lecito aspettarsi più di una canzone infantile accompagnata da un video che sembra girato da una teenager con un cellulare. Annalisa ha sempre inneggiato alla purezza e al non nascondere la parte fanciullina che risiede in ognuno di noi, non vergognandosi di apparire talvolta un po’ bambina –discorso ripreso poi nell’ultimo singolo “Scintille”-. Ma evidentemente la Warner avrà mal interpretato il pensiero della Scarrone, dal momento che con questo album ancora non è chiaro quale sia la direzione dell’artista e sembra quasi che si voglia replicare la carriera di Alessandra Amoroso. La differenza con quest’ultima però c’è, è palpabile, ma ancora tutto appare inespresso o visibile solo in potenza, se si pensa che neanche l’unico brano scritto da Annalisa, “Solo”, riesce a risollevare le blande sorti del disco. Fanno meglio la freschezza pop dell’altro singolo estratto, “Giorno per Giorno” e di “Inverno”, in cui perlomeno Dario Faini riesce a carpire lo stile della cantante e le regala un pezzo in stile Mina, interpretato dalla stessa in maniera impeccabile. E, per rimanere in tema Mina, il disco si chiude con l’interpretazione di “Mi sei scoppiato dentro al cuore”, brano del 1966 scritto da Lina Wertmuller su musica di Bruno Canfora e portato al successo appunto dalla tigre di Cremona. Annalisa l’aveva interpretato già durante il suo percorso ad “Amici”, dando prova di eleganza, bravura e capacità interpretative invidiabili.
Nonostante queste note positive, però, ci vuole ancora tempo e dedizione affinché “la rossa di Amici” riesca ad edificare una vera e propria credibilità. E la Warner non è d’aiuto.

(“Nali” : 5.8)

Un piccolo passo verso l’affinamento di stile e personalità della cantante si ha nel secondo disco, “Mentre tutto cambia”, anticipato dal singolo “Senza riserva”, in rotazione nelle radio dal 16 marzo 2012. Anche il look viene messo a punto e appare più sofisticato e studiato, com’è giusto che sia.
Gli errori della casa discografica non mancano però di farsi vedere: il secondo singolo, “Tra due minuti è primavera”, viene pubblicato a ridosso dell’estate; è sì vero che si tratta di un pezzo fresco e orecchiabile, ma certe cose non possono essere lasciare a caso se si vuole avere successo e pubblicare un brano che parla di primavera in estate non dà un messaggio positivo.
Secondo errore. Per promuovere il tour invernale del “Mentre tutto cambia tour” viene pubblicato come singolo “Per una notte o per sempre”, una ballad che esprime “la passione e la rabbia delle tensioni nei rapporti sentimentali”, sicuramente più matura rispetto ai due pezzi precedenti e di molto successo tra i fans. Ebbene, non viene realizzato un videoclip per la canzone.
E’ palese quanto il connubio musica-immagini sia fondamentale per la promozione di un artista, oltre che di grande impatto sul pubblico, perciò sottovalutare l’importanza del videoclip mi sembra un banale errore da novellini, imperdonabile se si sta parlando di una grande casa discografica come la Warner.

Questo secondo lavoro rappresenta, a suo modo, un’evoluzione e un’involuzione: si è cercato di costruire qualcosa di più corposo rispetto agli esordi della cantante, avvicinandosi sempre più allo stile italiano degli anni ’60. E a volte la cosa riesce (“Tutto sommato“), altre volte il risultato è piatto (“Non ho che questo amore“). L’interpretazione di Annalisa, che di certo non è mai carente in vocalità e immedesimazione, alle lunghe appare però stucchevole; si sarà forse accorta che si sta cercando di farle indossare un vestito che non le appartiene del tutto? …Esatto, proprio come nel video di “Giorno per giorno”.

I picchi sono pochi, uno su tutti “Prato di orchidee”, di non facile esecuzione peraltro, ma nel complesso le banalità sono tante, troppe. In modo particolare nei testi, tutti scritti da terzi. La cosa che mi lascia interdetta è il fatto che non venga lasciato abbastanza spazio all’artista, dando un’immagine incoerente di quello che è il background musicale di Annalisa, già di per sé appannato dal fantasma della De Filippi.

(“Mentre tutto cambia” : 6)

…Partiamo da principio allora. La passione della Scarrone per la musica affonda le radici sin dall’infanzia: all’età di otto anni inizia lo studio della chitarra classica e successivamente si dedica al canto, al pianoforte e al flauto traverso. A 13 anni il primo incontro decisivo, con Danila Satragno, vocal coach e cantante jazz apprezzatissima, nota anche per aver collaborato con artisti quali Fabrizio De André e Bruno Lauzi, che le ha “insegnato la tecnica vocale e il pianoforte come strumento didattico”. E anche grazie a lei che Annalisa ha la possibilità di dedicarsi alla musica a tutto tondo, andando incontro ad esperienze musicali jazz, pop, rock. Parteciperà da corista all’album in studio “Unlupoindarsena” della stessa Satragno e collabora col musicista jazz Dino Cerruti, con cui registra il brano “Ombre“, scritto dalla stessa Scarrone. In questo pezzo, che ondeggia languidamente tra jazz e pop, tutte le doti artistiche della Scarrone sono udibili a chiunque. Un testo intenso, che si aggrappa alla disperazione di una perdita (“Nero, il tempo scrive nomi… Sai, dentro ci sei tu, dentro ci sei tu. Hai sonno e passi le mani stanche sugli occhi chiusi. E chiudi te nel buio che ha portato fiori con sé. Muri bianchi chiedono ombre di te“). Davvero suggestivo nel contesto del meraviglioso arrangiamento, leggerissimo e impalpabile, e dell’interpretazione drammatica e sublime della ragazza.

Ma c’è di più. Nel 2006 diventa leader e autrice del gruppo rock savonese LeNoire, scioltosi due anni più tardi. Su YouTube trovate le esibizioni live della band e, nonostante la bassa qualità audio, ci vuole ben poco per constatare che i pezzi sono tutti di buona qualità. Questa fase rockeggiante di Annalisa mi fa pensare al percorso di un’altra interessantissima cantautrice nostrana, molto diversa da lei, ma che io sono solita associare per svariate ragioni:Nathalie Giannitrapani. Anche l’italo-belga, prima di vincere X-Factor, si era data un bel da fare e aveva fatto parte di una rock band, i Damage Done. Questi ultimi avevano addirittura inciso un EP.
Alla luce di tutto questo, le domande sono due: dove sono i produttori discografici, i talent-scout musicali, le case discografiche in generale? Tutti a blaterare nel salottino di “Amici”?
E poi, perché una volta che il talento è stato scovato, non viene lasciato libero di esprimersi e non viene guidato nel migliore dei modi? Nathalie pubblica con la Sony e anche là le trascuratezze e gli errori di marketing sono all’ordine del giorno. Per quanto riguarda Annalisa, abbiamo già parlato di alcune semplici mancanze da parte di chi si occupa della sua carriera, ma l’errore più grande è quello di non sfruttare la sua sensibilità di autrice, oltre che di interprete. Ha depositato più di 50 canzoni alla SIAE e si ritrova a cantare versi del tipo “mostrare tutti i giorni il tuo sorriso anche quando piangerai”. Gran brutta cosa.

Fortunatamente le cose iniziano a cambiare nel 2013, quando viene annunciata la presenza di Annalisa al 63esimo Festival di Sanremo con due brani: “Scintille” e “Non so ballare“, entrambi facenti parte del terzo album in uscita, “Non so ballare“. La title-track è una classica ballata sanremese, senza infamia e senza gloria, ma paradossalmente a passare il turno è “Scintille”, un brano di gran lunga più originale e, a discapito del ritmo scanzonato e spiritoso, la tematica della necessità di conservare la gioia ingenua dell’infanzia, piace e colpisce. “Scintille” è infatti terza al televoto, ma viene penalizzata dalla giuria di qualità, che posiziona il brano penultimo.
Ciò nonostante, la canzone viene molto apprezzata e passata nelle radio, e l’album è una sorpresa.
Ancora non abbiamo l’opportunità di ascoltare la Scarrone totalmente nelle vesti di cantautrice, ma si va vicino. “Non so ballare” contiene una ballata scritta da lei, “Tutta l’altra gente“, dolcissima e vibrante interpretazione dell’amore come spazio di assolutezza e serena astrazione.
Il suo zampino finalmente si sente; Annalisa ha curato tutti gli arrangiamenti vocali e diretto le voci maschili del Coro del Gigante in uno dei pezzi più particolari del disco, “Io tu e noi“, in cui si va dalla citazione sfrontata e ironica di Bonnie e Clyde ad una grande accuratezza nella gestione dei cori. Spensieratezza la parola d’ordine.
Finalmente un album in cui una canzone non è la fotocopia dell’altra, anzi la varietà stilistica presente al suo interno è encomiabile. Il vero gioiellino è “Alice e il blu“, una sorta di favola in cui tinte pastello si alternano all’oscurità della notte, dei desideri inespressi e lontani. Le immagini presenti rimangono impresse come dopo un film visionario: Alice, il cui nome è già tutto un eco di richiami, con il suo gatto blu, il ragazzo dagli occhi di perla, la città che si fa sempre più piccola durante il volo… Alice è la personalizzazione di tutto ciò che l’uomo è e non sa di essere, con quella sua inarrestabile fame di arrivare dove non può, scontrandosi con ineffabili desideri che pongono un muro tra sé e la fantasia, quella sua fame che può portare alla solitudine, all’isolamento e alla schiavitù dagli stessi desideri che prima lo sfamavano. Dietro l’approssimativo e fantasioso disegno di un bambino con i pastelli a cera si cela sempre un’idea precisa e violenta nella sua profondità. Questo è “Alice e il blu”.

Gli echi sixties sono ancora presenti, ma molto meglio assestati e personali rispetto ai primi lavori. Li ritroviamo, oltre che in “Scintille”, anche in “Spara amore mio“, in cui viene affrontato il tema della violenza sulle donne attraverso la storia, raccontata in prima persona, di una donna che accetta consapevolmente di sottostare ad un amore cieco. Il tutto senza passare attraverso immagini violente, ma anzi con note quasi ironiche, che compongono immagini psicologiche piuttosto che fisiche, della situazione in questione. Insomma, una bella lezione per qualche sua collega che crede di affrontare e interpretare tematiche sociali urlando ai quattro venti parole così retoriche e populiste che neanche Beppe Grillo.

Un disco interessante, abbastanza variegato, che mette finalmente in luce le peculiarità di questa giovane cantante di gran classe, talento e preparazione.

(“Non so ballare” : 7.4)

La crescita di Annalisa Scarrone è stata progressiva e al terzo disco i risultati stanno iniziando a farsi vedere nella loro bellezza e maturità. Adesso aspettiamo un album ancora più fortemente intimo e personale, che la liberi una volta per tutte dall’etichetta di Amica di Maria e che la lanci nell’olimpo della musica pop italiana, ove molte sue colleghe meno ispirate si adagiano pigramente e senza estro da anni.
Per adesso, merita già un plauso.

 

Articolo tratto da http://crazydiamondmusic.altervista.org

 

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